PROGETTO DI ADEGUAMENTO DELLA CATTEDRALE DI SAN LORENZO IN ALBA
luogo | Alba (Cuneo) | |
committente | Diocesi di Alba | |
anno di esecuzione | 2008 – 2009 | |
progetto | arch. Massimiliano Valdinoci (capogruppo), arch. Maicher Biagini, arch. Andrea Cavicchioli, arch. Cristiano Cossu, arch. Andrea Ricci, arch. Ada Toni, Mario Nanni (illuminotecnico), Goffredo Boselli (liturgista), Erich Demetz (artista), Francesca Flores d’Arcais (storico dell’arte) | |
direzione lavori | arch. Massimiliano Valdinoci (capogruppo), arch. Maicher Biagini, arch. Andrea Cavicchioli, arch. Cristiano Cossu, arch. Andrea Ricci, arch. Ada Toni, Mario Nanni (illuminotecnico), Goffredo Boselli (liturgista), Erich Demetz (artista), Francesca Flores d’Arcais (storico dell’arte) | |
sicurezza | ||
impresa esecutrice | ||
collaboratori |
La proposta progettuale, finalizzata all’adeguamento della Cattedrale di San Lorenzo alle acquisizioni dell’ultima riforma liturgica, è quella vincitrice di un concorso in due fasi, che la Diocesi di Alba ha indetto fra il 2007 e il 2008, ed è stata sviluppata sulla base di due principali considerazioni di ordine architettonico: da un lato l’importanza del vecchio coro rialzato, fondale scenico che catalizza l’attenzione e allude efficacemente al “luogo del Padre”, dall’altro la particolare connotazione architettonica della decorazione pittorica stesa sulle superfici interne. L’alternanza di fasce orizzontali sembra quasi voler sottolineare il ruolo strutturale di archi e pilastri, e con la delicata trama di motivi geometrici e floreali che fodera il basamento di pareti e piedritti allude invece a preziosi tessuti bordati di passamanerie, e richiama l’antica tradizione delle architetture “vestite”, riccamente adornate per la liturgia dei giorni di festa. L’apparato decorativo, risalente all’ultimo “restauro” ottocentesco, si ispira chiaramente a modelli medievali reinterpretati alla luce delle esigenze e delle mode del tempo, e costituisce uno dei rari esempi ottimamente conservati.
Alla luce di tali valutazioni, gli elementi del progetto si inseriscono in una trama già scritta: se da un lato non escludono lo spazio posto al di là dell’arco santo, ma anzi lo coinvolgono visivamente attribuendogli il ruolo di ultima “soglia”, dall’altro reinventano il tema figurativo del “rivestimento”, dell’ornamento tessile che impreziosisce l’architettura, così simile ai morbidi drappeggi cui si antepone, in innumerevoli dipinti, la figura di Maria. In accordo con il Magistero della Chiesa e con le più recenti acquisizioni teoriche, altare, ambone e cattedra non configurano la consueta tipologia del presbiterio “onnicomprensivo”, ma delineano piuttosto un sistema di luoghi “eminenziali” interconnessi e gerarchicamente ordinati, acquisendo così maggiore autonomia e riconoscibilità
Ciascuno dei tre elementi è collocato in modo tale da favorire una più diretta relazione con l’assemblea, e tuttavia evita ogni eccesso di “prossimità”, garantendo il giusto decoro e un ottimale dinamismo celebrativo anche in caso di celebrazioni particolarmente affollate. Se l’altare si insinua esattamente al centro della corda che idealmente congiunge la coppia di pilastri adiacente allo scalone, ambone e cattedra si fronteggiano sull’asse di due opposte arcate laterali, definendo un impianto in cui spazio architettonico e poli liturgici entrano in piena e avvertibile risonanza.
La disposizione dei luoghi liturgici e dei banchi per l’assemblea tende a ottimizzare le condizioni di visibilità, ricercando il miglior compromesso tra la struttura architettonica esistente, la necessità di riutilizzare i banchi lignei storici, l’esigenza non trascurabile di accogliere il maggior numero possibile di fedeli e infine l’obbligo di lasciare liberi da ingombri tutti quegli spazi interessati dai movimenti processionali. L’altare, uniformemente rivolto verso le quattro direzioni, enfatizza il proprio ruolo di “centro” e fa convergere su di sé una doppia valenza simbolica: la sagoma “a blocco” richiama infatti l’ara del sacrificio, mentre la mensa, candida e corposa, rimanda alla tavola dell’Ultima Cena.
Al di sopra dell’altare, un prezioso ciborio luminoso assolve ad una triplice funzione: esso segnala la centralità della mensa eucaristica; allude alla discesa dello Spirito Santo al momento della consacrazione (dimensione epicletica); e infine convoglia lo sguardo del fedele verso l’alto e verso la profonda prospettiva del coro, dominata dal Crocifisso sospeso in corrispondenza dell’arco santo. Il morbido drappo luminoso si compone di elementi disposti secondo un disegno originale, che riecheggia la geometria delle costellazioni, richiamando il cielo punteggiato di stelle dipinto sulle volte sovrastanti, ma che al contempo allude al tessuto urbano delle grandi città, istituendo un parallelo tra città dell’uomo e Gerusalemme celeste. Il Crocifisso, realizzato ex novo, avrà dimensioni maggiori rispetto a quello esistente, proporzionate alla cornice architettonica e più idonee a garantire la visibilità. Nell’ambone, che reinterpreta la tradizionale tipologia “a cassa”, la relazione simbolica con l’altare è affidata alla forma, ancora una volta derivata dalla semplice geometria del quadrilatero e del cerchio. L’inserimento di alcuni gradini, e il deciso orientamento della tribuna che “rompe” la scatola del “sepolcro”, individuano inequivocabilmente l’assemblea come destinataria della Parola. Contrapponendosi all’ambone, la cattedra, robusta e lineare, pone in evidenza il ruolo di colui che presiede la comunità diocesana, e lo addita come primo ascoltatore del Vangelo. Proprio allo scopo di enfatizzare l’unicità del ministero episcopale, la sede presbiterale si prevede lignea e amovibile, mentre la cattedra si arricchisce di un apposito alloggio per il pastorale. Ispirandosi al modello delle antiche chiese romaniche (così come romanico è l’impianto di cui ancora si conserva traccia nei tre portali del nartece, nel campanile e in numerosi elementi decorativi), altare, ambone e cattedra si configurano non come oggetti di valore plastico-scultoreo ma come vere e proprie architetture in miniatura, il cui disegno sobrio non persegue velleità decorative, ma è il puro riflesso di una logica costruttiva rigorosa ed essenziale. Le volumetrie, nitide e assolute, si legano allo scenario circostante vestendosi di puro colore, ricoprendosi di pregiati “tessuti” cui si allude mediante la semplice combinazione di elementi lapidei sovrapposti. In accordo con le richieste della Committenza, che ha specificato come il disegno pavimentale non possa essere oggetto di modifica alcuna, sono stati selezionati materiali dai colori caldi, compresi tra il beige e il rosso e direttamente estrapolati dalle decorazioni pittoriche che arricchiscono l’interno della cattedrale, sostituendo efficacemente le tonalità “fredde” proposte nella prima fase concorsuale. La gamma cromatica prescelta, tradotta dall’artista in una trama astratta, attiva delicate corrispondenze con la cornice architettonica preesistente.